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Il nocciolo di albicocca.
Bloggata inserita il 18 luglio 2009 - 00:34
Così un giorno vide che la polpa era tutta secca e stremata, la sua ora stava giungendo. Nocciolo ricordava tramite l'istinto che la natura, con virilità, infonde dentro tutti noi che tra poco sarebbe germogliato. Eppure le lengende narravano che prima di porre il seme il frutto deve giungere alla vecchiaia, oppure esser portato alla terra dalla stessa tramite quelle intemperie che Nocciolo poteva solo immaginare.
Invece Nocciolo si trovava immobile ad assistere alla morte di suo fratello polpa. Con stupore il protagonista si ritrovò a rotolare, sentiva vicina a lui la presenza di amici noccioli. La polpa ormai morta stava riacquistando colore, ma un colore irreale e falso.
Dalla superficie del frutto giungevano veleni, Nocciolo soffriva, diventava sterile.
Dopo un gran trambusto fu svegliato da vibrazioni, simili a quelle del vento, ma esse parevano prive di significato. Capi che le vibrazioni erano un linguaggio, per meglio dire, il linguaggio. Il linguaggio dei demoni nemici della naura. Vividi furono a Nocciolo i ricordi della madre albicocco, "figlio mio la natura è ormai malata, o i demoni staccheranno te da me, o insieme cadremo sotto le loro macchine".
La paura prese colore.
Il linguaggio grezzo e fatto di materia dei demoni ormai gli era chiaro, egli non apparteneva più alla natura, ma all'uomo.
Venne venduto immezzo a una bolgia di satanassi, a peso.
Poi venne il freddo, le sue funzioni e la mente erano lente, la polpa era diventata la sua prigione.
Caldo, umido, pressione, rumore, luce, buio.
Libero dalla prigione.
Due rami tremendamente biologici lo estrassero da quella che si scoprì poi essere una seconda prigione.
Nocciolo vide, libero dalla polpa, il mondo, e l'uomo.
Nocciolo venne scartato, e infine frantumato.
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